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IO ODIO 

Apologia di un bulloskin

drammaturgia Valentina Diana

con Luca Serra 

elementi scenici Marco Ferrero

luci e suoni Nicola Rosboch

foto di scena Stefano Roggero

video di scena Fabio Melotti
progetto grafico Silvia Genta
foto di scena Stefano Roggero

ideazione e regia Maurizio Bàbuin

con il sostegno di: Arci Torino / Regione Piemonte / Artedrama

in collaborazione con: Teatranza – spazio delle arti e della persona

 

Primo episodio del progetto INDAGARE IL MALE – maschio docet

Fascia d’età:  dai 16  anni 

Durata: 70 minuti

Premi

Premio del Pubblico Crash Test Teatro Festival 2023

Premio della Giuria   Crash Test Teatro Festival 2023

 

Motivazioni Premio della Giuria

presieduta da Sonia Antinori con Mauro Montalbetti e Giulia Alonzo

 

In una edizione caratterizzata da un appassionato approccio ai temi del contemporaneo, che si connota come teatro d'urgenza, la commissione assegna all'unanimità il Premio CrashTest 2023 a IO//ODIO della compagnia Santibriganti Teatro.

Per il coraggio di portare in scena con chiara oggettività una tematica allarmante - che riconduce alle cronache - attraverso un personaggio scomodo.

Questa scelta consente agli spettatori, anche ai più giovani, una partecipazione che, in ultima analisi, rivela sentimenti contraddittori lasciandoci nell'inquietudine.

Uno spettacolo che costringe ad una autoriflessione, scintilla di una catarsi e di una liberazione senza sconti morali.

Il nuovo progetto di Santibriganti Teatro, è nato da alcune riflessioni sulle devianze protocriminali e loro sviluppi, sorgenti spesso in età adolescenziale. L’intento è appunto indagare la nascita e lo sviluppo del male, che è soprattutto maschio, perché è spropositato il divario: per una donna che si macchia, ci sono cento uomini che delinquono, feriscono, violentano, uccidono, disprezzano; considerando i fatti, più o meno gravi di cui si viene a conoscenza e quelli assai più numerosi che restano sconosciuti. L’obiettivo è sviluppare una riflessione, particolarmente forte, che si incentri su categorie e loro derive tristemente protagoniste della nostra contemporaneità.

 

Lui, l’odiatore, il maschio, si svelerà, provocherà, non avrà remore né pudore, dirà fino in fondo quel che pensa, sarà urticante, confesserà ciò che prova, urlerà ai quattro venti il suo ODIO. Ora finalmente lo potrà fare: si è ed è sdoganato. Ma si divertirà pure a provocarci, ci sfiderà a non essere ipocriti e a far uscire così il razzista che forse in fondo è in ognuno di noi, anche se ben nascosto. E, nudo e crudo, si proclamerà nero profeta di un mistico anelito futuro.

 

Lui, il maschio, è solo ma con tutti: provocherà insulterà blandirà.

Lui, non seguirà una logica narrativa, una storia.

L’apologo sarà un’arringa, una confessione di fede, il suo intento sarà convincere coloro che vedranno e ascolteranno.

Lui, nella sua stanza dove tutto è pensabile e un pc una tv pesi un letto musica a palla se serve.

Lui, avrà divise, abiti che siano militari o civili comunque segnali di cui farà uso da maschio qual è.

Lui, bulloskin perché il passato adolescente tornerà in forma ossessiva.

Lui, parlerà, blatererà citazioni, affermazioni altrui, che daranno forza alle sue convinzioni.

Lui, ma anche il pensiero, la bocca e le azioni di altri.

Lui, la fine non si rivelerà consolatoria e tantomeno redimente o espiatoria.

Ci saranno superstiti? o un canto, una luce accecante, un’immagine, una laica preghiera, il pianto di una bambina appena nata, la voce di una madre?

 

Sarà questa la prima delle tre manifestazioni del maschio feroce, padrone, in modo ancestrale votato alla lotta, non più per conquistare il sostentamento, ma crogiolandosi in posizioni di potere che irrorano di piacere o perdendosi alla ricerca di uno status frutto di retaggi non più tollerabili. Fare luce nel torbido, abituarsi a vedere, esaminando il processo dall’interno, dal punto di vista di chi il male lo fa, senza etichettare, escludendo il giudizio, esponendo i casi nella loro nudità perché la crudezza da sola può illuminare e conoscere e capire aiuta a superare. A scegliere la parola.

 

Il progetto di trilogia Indagare il male -_maschio docet, prevede come primo lavoro: IO//ODIO - apologia di un bulloskin, il secondo affronterà la pedofilia: O Gesù d’amore acceso - confessione e preghiera, il terzo indagherà la violenza nei confronti delle donne: Sei solo mia - quello che ho fatto per lei.

 

Coabitare con un naziskin

Di solito, nello scrivere per il teatro, procedo per innamoramento: cerco una strada per osservare i personaggi, anche i più ruvidi e ignoranti, da un punto di vista affettivo, tenero, umano. In questo caso è stato diverso. Ho dovuto creare in me spazio per un essere brutale, un essere che si prendeva il suo spazio e affermava la sua visione, che non era la mia. Ho dovuto coabitare con questo ceffo che, certe sere, abitava la mia casa, sbraitava e sudava sul mio divano. Era triste, mi faceva anche pena, ma nonostante capissi la sua storia, le ragioni che l’avevano condotto ad essere chi era, non abbiamo potuto fare amicizia. Io ero al suo servizio e lo servivo, gli davo spazio, gli offrivo voce e parole. Lui non si faceva mai domande, dettava, e di me non voleva saperne. È stata una convivenza difficile, perché a volte avrei voluto mostrargli come le cose potessero essere guardate anche in un modo diverso, con più sfumature, con meno nemici. Quando se n’è andato ho tirato un sospiro di sollievo, ho chiuso la porta, ho girato due volte la chiave, ho sperato di non rivederlo mai più.

Valentina Diana

 

 

Recensioni

 

-Lo specchio nero di tutto l’odio del mondo

 

La sala del teatro ci accoglie con una scenografia scarna e metallica ricca di artefatti della cultura ipertrofica del contemporaneo, televisore di spalle, computer e webcam, impianto stereo, un letto singolo, manubri per bicipiti: una vera e propria cella di rigore per le menti sconvolte del giorno d’oggi. Arrivano le eco de I Soliti ignoti da una televisione dietro le quinte, irruzione in diretta del mondo là fuori che strepita e si oscura con intrattenimento dozzinale. Carlo, il protagonista, tarchiato e muscoloso redento da una vita di soprusi dei bulli di periferia, è ora un naziskin, fascista, razzista, colonialista, sciovinista che organizza una diretta webcam per un gruppo di accoliti del male. La sua rabbia tracotante e la sua ingenua fuga negli stereotipi d’odio vengono vomitati senza escludere nessuno: extracomunitari, donne, politici, persone miti. Per un’ora e mezza vomita il suo incontenibile disgusto, inneggiando al Duce e a Hitler, usando parolacce senza nessuna censura, azzerando qualunque raziocinio per una cavalcata di miseria e frustrazione, condita di culto dell’esercizio fisico e della musica di stampo neonazista. Il pubblico è sopraffatto da così tanto odio e tanto livore, la violenza delle parole è un pugno allo stomaco, una micidiale mitragliata senza alcuna pietà verso tutti i valori della cultura occidentale di libertà, tolleranza e inclusione. E proprio grazie a questo noi possiamo osservare il bubbone nero della nostra società, possiamo fare un viaggio all’inferno e ritorno, come Dante, ma senza Virgilio, meravigliarci ogni tanto di provare tenerezza ed empatia per un simile personaggio oscuro e figlio di una vita di solitudine, violenza e degrado. Il testo di Valentina Diana ci dona un affresco truculento, spietato e assolutamente realistico di questo lato oscuro del mondo, quello che non vorremmo mai vedere, mai sentire, che vorremmo dimenticare e far finta che non esista; e invece esiste e pulsa e batte, incendia le periferie della specie e scalpita, in fondo, rattrappito, represso, incredibile a crederci, dentro ognuno di noi. Solo osservando e conoscendo il male possiamo crearci gli anticorpi per combattere il virus dell’odio. L’interpretazione di Luca Serra è una prova d’attore di forza, tenacia, tenuta, immersione da far girar la testa, una superba interpretazione, in un’altalena di emozioni. La regia di Maurizio Babuin è una tela di crescendo verso il colpo di scena finale, un’invisibile trama che accerchia lo spettatore, senza alcun giudizio verso ciò che avviene in scena, e mette uno specchio nero di fronte alle nostre coscienze. Uno spettacolo duro, spietato, violento, ma necessario, doloroso e puro, una catarsi, un perdono per tutta la rabbia che, spesso, non sappiamo gestire.

Teatrionline 4 ottobre 2021

 

 

-Io odio, l’inferno di un’anima

 

…Primo di una trilogia “Indagare il male”, lo spettacolo vuole sconvolgere il pubblico, mostrandogli il peggio della vita di un giovane, che nell’avanzare della scena perde i connotati dell’età, diventando quel che ognuno può ritrovare in sé e di sé stesso, di male, di disagio, di solitudine, di isolamento, aggressività, ma che sulla scena può trovare sfogo, con la scusa dì essere soltanto un’invenzione. Ma, se invenzione è la storia in sé, vere e da indagare sono le intenzioni del creatore-creatrice del personaggio, mentre si appresta con sincerità e coraggio a buttare sulla scena quel che siamo, giocando tra identificazione ed estraniazione da un personaggio negativo…….Dopo aver tagliato pezzo dopo pezzo ogni possibilità di uscire dalla sua stanza, si compie la rappresentazione di un uomo il cui unico contatto con gli altri avviene soltanto più in rete internet, in un monologo soliloquio senza altro interlocutore che se stesso. Pensieri, sputare continuato di sentenze e disprezzo per uomini donne, per emigranti gettati sulla spiaggia con la convinzione che anche il bambino sulla sabbia, meglio se con il suo orsacchiotto, sia la manovra di un potere dilagante con le sue braccia di piovra, per indurre alla compassione ridotta a pietismo che non dovrebbe albergare in un essere maschio. Il bulloskin, riunisce nella definizione le miserie di un bullo elevato alla crudeltà grandiosa di un neonazi, ma la creatura in scena sembra proprio a quella frankesteiniana della Shelley, pezzi assemblati dello scarto di una umanità alla deriva, ma che ci si renda conto o no, nessuno, neppure un autore il più lucidamente spietato verso il suo personaggio negativo, non riesce a mostrare cosa sia veramente l’odio. La ‘creatura’ è pur sempre la ‘sua’ creatura, che porta in sé qualcosa del suo creatore che a sua volta è creatura di un momento storico, della società in cui vive e che l’autore, essendo artista, sente il dovere di contribuire a farne qualcosa di meglio e dignitoso e promettente futuri buoni. Così il personaggio che sembra essersi staccato dal suo creatore e vivere di vita spregevole propria, chiede di essere ascoltato e sembra dirci: conterà pure qualcosa che anch’io sia stato bambino e che ero grasso e mi prendevano in giro…ciccione ciccione! Ed eccolo il bulloskin in una potente interpretazione di un attore, la cui bravura interpretativa non sempre riesce a farci odiare fino in fondo la spregevolezza del personaggio, tenendo lo spettatore sospeso tra odio e compassione e perfino comprensione, mentre può capitare, - e chissà da cosa dipende – che sul palcoscenico ci troviamo noi spaventati da noi stessi, perché si sta rappresentando quel che noi tutti abbiamo dentro ma non osiamo dirlo, perché quello siamo noi, un ammasso di pregiudizi, sospetti, recriminazioni, desideri inconfessati di scaricare tutte le colpe dei nostri malesseri sui più deboli: siamo tutti dei bulli e pure nazi.

Potrei andare avanti ancora: mentre scrivo si sviluppano pensieri su pensieri, quindi si può dire che questo spettacolo ha indotto a pensare, certo ognuno a suo modo. Alcuni sono rimasti sconvolti, immobilizzati al proprio sedile; non è avvenuto questo in me, sarà che forse questo capita a chi è più addentro nell’arte del teatro, così mentre si compiva la catarsi propria dell’arte soprattutto teatrale, mentre ritrovavo in me molte delle negatività del personaggio, si armonizzava in un tutto, ogni elemento: realizzazioni delle intenzioni della messa in scena, attraverso la bravura dell’attore favorita in questo caso dalla fisicità, l’esposizione di un corpo la cui bellezza si è accresciuta sull’esercizio – personaggio e interprete si compenetrano – ; una scenografia che trasmette la miserevolezza di una solitudine sempre più esasperata; la regia che con una discrezione attenta e controllata da non debordare in falsità macchiettistiche, e tutto il resto, suoni e luci, senza mai sovrapporsi alla drammaticità del personaggio…

 

Maria Silvia Caffari visto l’8 Ottobre 2021

 

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Maurizio Bàbuin 2022- Fondatore e direttore artistico dal 1992 della compagnia Santibriganti Teatro. Ideatore, organizzatore ed insegnante dal 1987 di Teatranza-Centro di Formazione per le Arti della Scena Direttore artistico dal 2005 del progetto di Residenza Regionale Multidisciplinare di Caraglio e della Valle Grana (Cn), ora Residenza di Caraglio di Busca, di Dronero, e delle conseguenti stagioni presso il Teatro Civico di Caraglio, il Teatro Civico di Busca, il Teatro Iris di Dronero. Direttore artistico dal 2006 del Teatro Garybaldi, ora Teatro Civico Garybaldi, di Settimo Torinese. Cofondatore, dal 2012, del Comitato Emergenza Cultura del Piemonte. Dal 2016 direzione organizzativa, con Jurij Ferrini alla direzione didattica, della Shakespeare School-Scuola di Perfezionamento per Attori riconosciuta e sostenuta dalla Regione Piemonte. Dal 2018 direzione artistica della stagione Fermata Bengasi del Teatro Dravelli/Fondazione Dravelli di Moncalieri. Dal 2018 membro della giuria nazionale di In-Box/Rete di Sostegno del Teatro Emergente Italiano. Dal 2021 direzione artistica di Corte Palestro/Summerland progetto estivo di spettacoli incontri laboratori nel centro storico di Moncalieri. 2021- Ideazione soggetto e regia di “IO ODIO” nell’ambio del progetto di trilogia “Indagare il male - maschio docet”. 2016- Regista e autore di “Fratelli in fuga”, spettacolo dedicato al tema dell’autismo e dei siblings prodotto con Fondazione Paideia. Primo Premio giuria ragazzi e giuria esperti al Festival Internazionale I teatri del Mondo di Porto Sant’Elpidio 2015- Regia di “Terrore e miseria del Terzo Reich”, per Giornata della Memoria. 2014- Regista e autore di “Ahiahia! Pirati in corsia!”, spettacolo dedicato al tema del dolore e della malattia nei bambini, 2° premio al festival I Teatri del Mondo 2016. 2012- Regista e autore di “YoYo piederuota” spettacolo dedicato al tema della disabilità fisica, 1° premio al festival I Teatri del Mondo 2015 di Porto Sant’Elpidio e premiato ai festival Teatro Ragazzi Padova e Giocateatro Torino. 2011- Collaborazione alla messa in scena di “A.Nudo” dal romanzo “Brokeback Mountain”.2009- Regista di “Del mio sangue” con i giovani attori diplomati all’Accademia delle Arti Sceniche del Piemonte. Ideatore e fondatore dal 1998 della S.A.T.–Scuola Professionale d’Arte Teatrale, poi Accademia delle Arti Sceniche del Piemonte.

 

Luca Serra è attore di teatro, cinema, tv. Premio Fersen 2014 per la miglior regia con L’ambigua storia di un bicchiere di Merlot" di Fernando Coratelli. International Directing Master presso UIUGTE Russian Drama Theatre of Lithuania. Cofondatore associazione culturale O.P.S. Officina per La Scena nel 2002. Membro a vita The Actor’s Center Roma di Michael Margotta. Diplomato nel 2002 presso la scuola professionale d’arte teatrale “Teatranza -Artedrama” con sede a Moncalieri (TO). Perfezionamento metodo Strasberg/Meisner con B. Hiller, Los Angeles; Mr. Robert Modica, New York.

Ha collaborato alla creazione di Fratelli in fuga nel ruolo del bambino autistico, il protagonista della pièce. Proprio grazie alla sua interpretazione lo spettacolo è stato apprezzato dalla critica (Mario Bianchi su Eolo) che gli ha tributato un doppio premio al Festival Internazionale I Teatri del Mondo di Porto Sant'Elpidio. E' protagonista del fresco debutto del monologo urticante "IO ODIO apologia di un bulloskin " nelle vesti di un indomito naziskin.

 

 

Valentina Diana è nata a Torino nel 1968. Diplomatasi nel corso attori presso la Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano è, da molti anni, autrice e dramaturg teatrale.

Ha scritto i romanzi Smamma (Einaudi 2014), Mariti o le imperfezioni di Gi (Einaudi, 2015), UNO ( Perrone 2022) e in uscita Tre monologhi (Einaudi teatro 2022).

Tra i suoi testi teatrali: L'eternità dolcissima di Renato Cane, Una Passione, La nipote di Mubarak, Sapiens, Fratelli (Dramma.it), La bicicletta rossa (Premio Eolo Awards 2013 per la drammaturgia), La palestra della Felicità (Cue Press ed.), Opera Nazionale Combattenti.

Sue poesie e racconti compaiono nelle antologie: Bastarde senza gloria (Sartoria Utopia ed. 2014), La reggia di Venere (Sartoria Utopia ed. 2020), Les Cittadelles (2008 e 2009, Parigi), Double Skin (2009, Ethos Books), Critica Impura (2013), L'immaginazione - 322, Manni ed. (2021), IO ODIO - apologia di un bulloskin (2021) per Santibriganti Teatro

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